
ESG, Environmental Social Governance, è questa l’espressione con cui viene definita oggi la responsabilità sociale dell’impresa. Recentemente BM&C ha organizzato un seminario proprio su questo tema e la nostra Fondazione è stata chiamata a portare la sua testimonianza. Questo incontro ricco di spunti è stata un’occasione per fare mente locale nuovamente sulla nostra identità e sul nostro ruolo oggi, in uno scenario drammaticamente cambiato.
Ma partiamo dall’etimologia di Environmental Social Governance, un concetto che è connotato da tre componenti diversi, con specifiche identità, ma in realtà correlati e dipendenti tra loro.
Environmental fa riferimento evidentemente all’Ambiente e alla Sostenibilità, intesa non solo in termini di ecosistemi naturali, ma anche in termini di sistemi economici e sociali, dimensioni che chiamano in causa necessariamente il tema del lavoro e del suo valore a livello di comunità (bene comune). È evidente che la nostra Fondazione è più coinvolta sul piano del sociale e della governance, ma oggi i fatti ci stanno indicando una nuova verità. Proprio in relazione al tema della sostenibilità ambientale, l’esperienza drammatica del Covid ci ha fatto capire che esistono dei limiti, non solo per noi esseri umani, ma anche per i sistemi economici e sociali: sono emersi paletti insormontabili che impediscono una loro ulteriore evoluzione. Gli studiosi la chiamano carrying capacity.
Affrontare in modo adeguato e tempestivo il tema dell’ambiente e del riscaldamento globale è dunque inevitabile, è il prerequisito fondamentale per il nostro domani. Non è un caso che Bill Gates, nel suo ultimo libro “Clima: come evitare un disastro”, sostiene che sconfiggere il Coronavirus è più facile che risolvere la questione climatica…
Ma per tornare ai due fattori che coinvolgono più direttamente la nostra Fondazione, il sociale e la governance, le mie riflessioni sono le seguenti.
Il sociale è il motore e il fine della nostra Fondazione. Lo dicono la nostra storia, il nostro statuto, la nostra missione. Al centro del nostro lavoro e del nostro impegno c’è sempre la persona, con i suoi bisogni, ma sempre nella sua totalità. L’esperienza ci conferma che, anche se viene affrontata nello specifico la transitoria difficoltà economica, il rapporto che si instaura con la persona è spesso a 360 gradi, tocca necessariamente tante diverse corde della sua identità individuale e sociale.
La nostra missione, dunque, rientra pienamente nella priorità sociale ma anche il modello e la governance non sono neutrali a questa concezione valoriale.
Anche il nostro modello organizzativo si basa sulle persone perché il nostro punto di forza sono proprio i nostri volontari. Il loro impegno, la loro dedizione, la loro capacità di instaurare una relazione empatica. Chi meglio di loro può parlarci delle persone che incontrano? Il nostro, tra l’altro, è un modello che valorizza un patrimonio di competenze già esistenti – quelle dei nostri volontari e dei nostri Mentor – e che non appesantisce di costi la nostra organizzazione. È un modello pienamente sostenibile.
La governance pubblico /privato dei nostri soci ci insegna anche che la partecipazione è la strada più efficace per esercitare al meglio le funzioni di direzione e guida. Chi mi conosce lo sa, personalmente sono convinto che le sfide non si vincono a colpi di maggioranza, possono essere affrontate solo con la capacità di riconoscere il valore e le ragioni dell’altro.
La mia considerazione conclusiva è quindi la seguente: la vera Sostenibilità è un circolo virtuoso e la nostra Fondazione, nel suo piccolo, sta mettendo in atto un’innovazione sociale sostenibile proprio perché è impegnata a dare risposte concrete e costruttive al tema emergente della nuova povertà. È un esempio concreto di Environmental Social Governance, è una realtà già operativa, non solo una bozza o una teoria ancora sulla carta.